lunedì 8 febbraio 2010

Attilio Mordini

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Un importante contributo al dibattito sulla metafisica dopo il moderno si deve ad Attilio Mordini, l’autore di un animoso saggio, “Verità del linguaggio” (opera postuma, edita da Giovanni Volpe nel 1978) in cui i ricercatori d’oggi possono trovare un potente incentivo a sciogliere la cultura postmoderna dai lacci sofistici con i quali Heidegger e Gadamer l’hanno legata al pregiudizio irrazionalistico e alla passione per le spericolate avventure della linguistica.
Grazie a Mordini, infatti, la cultura della destra ha cominciato il cammino della libertà dalle suggestioni generate dalle acrobazie intorno alle origini del pensiero e del linguaggio.
All’inizio degli anni Cinquanta, quando Attilio Mordini della Selva intraprese la brillante attività di innovatore culturale, nei circoli della destra italiana, assediati dallo scientismo dichiarato dai progressisti, prevaleva la tendenza ad affermare l’origine metastorica del pensiero e del linguaggio.
La lontana fonte delle teorie per mezzo delle quali si pensava di confutare il progressismo, era il vescovo francese Pierre-Daniel Huet. Convinto che per rettificare l’inclinazione cartesiana a fare del pensiero umano un assoluto fosse necessario dimostrare che la ragione è impotente e non può conoscere nulla di vero, Huet elaborò una dottrina secondo cui la rivelazione primordiale fu l’unica fonte di tutte le verità di ragione.
Nei decenni successivi, i più accreditati teorici del tradizionalismo, rielaborando le tesi di Huet, insistettero sul fatto che il culto della ragione aveva animato la rivoluzione finirono col credere che ragione e rivoluzione fossero una cosa sola.
Al seguito di tale incongruente giudizio, il cammino dei tradizionalisti incontrò il pessimismo antropologico e insieme con esso la suggestione scettica e irrealistica emanata dagli agostiniani avventurosi e infedeli (Malebranche e Gerdil) che avevano tentato inutilmente di raddrizzare le gambe del cogito cartesiano.
La tesi, che riassume la dottrina del tradizionalismo, può esser così formulata: l’uomo attinge le verità metafisiche e morali non adoperando i poteri della ragione ma collegandosi, attraverso il linguaggio, alla rivelazione primordiale.
La vita e l’opera del più importante pensatore tradizionalista, De Bonald, riflettono il compromesso dell’intento controrivoluzionario con le mitologie, che trascinano l’amore per la verità fuori dal solco della ragione.
Bonald si oppose all’ideologia della rivoluzione francese tentando di dare un solido fondamento scientifico al movimento per la restaurazione civile, ma nell’esecuzione del suo progetto culturale ricadde negli errori capitali di Cartesio.
Opportunamente Bonald criticò l’innatismo cartesiano (perché frustrava qualunque tentativo di spiegare l’errore) e il fideismo di Malebranche, fallace “per eccesso di Cristianesimo”. Purtroppo la polemica contro la ragione rivoluzionaria lo indirizzò al paradossale accoglimento di quei miti sulla sapientia veterum (Bacone) e sulla felicità della condizione primordiale(Rousseau) che costituivano i pilastri dell’ideologia rivoluzionaria.
Mordini avendo visto chiaramente la contraddizione in cui la cultura di destra rischiava di cadere, scrisse il saggio “Verità del linguaggio” nell’intento di correggere la polemica contro la ragione avvicinando il tradizionalismo al realismo moderato di San Tommaso.
Di qui l’esposizione di un programma strategico, inteso alla faticosa fondazione di una teologia del linguaggio, idonea a comporre il dissidio che il tradizionalismo aveva suscitato tra l’esagerato e unilaterale sovrannaturalismo attribuito Sant’Agostino e il presunto naturalismo di San Tommaso: “Tra la teologia agostiniana della Grazia e la teologia tomista, fiduciosa nella ragione naturale e nella libertà, a mostrarle l’una all’altra complementari ecco la teologia del linguaggio, della parola che è al tempo stesso una Grazia e un dono naturale da parte di Dio, è la libertà della ragione, la libertas a necessitate nel suo aspetto finalmente positivo”.
La teologia del linguaggio proposta da Mordini non scioglie tutti i nodi intrecciati dalla cultura reazionaria e, pertanto, non può essere accolta come definitiva teoria della tradizione.
Se non che Mordini non presumeva di risolvere tutti i problemi della cultura di destra con una sola opera. “Verità del linguaggio” segna infatti il primo e più difficile passo della strategia culturale della destra sulla via dell’incontro del tradizionalismo con i principi di ragione.

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