giovedì 4 febbraio 2010

Destra ultrasonica e cultura di destra

(prosegue)
Nel nulla non si dà cambiamento, dunque non si può trovare l'ombra del cambiante e del cambiato. Intorno al nulla – caso mai – abita il comizio sofistico, la battaglia delle parole senza concetto, la chiacchiera che ieri esaltava Benito Mussolini e oggi scopre Hanna Arendt.
L'ignoto ghost writer di Fini traduce, con dotta eleganza, il non pensiero circolante intorno alla non lettura di Mussolini e della Arendt.
In questa scena comiziale, patetici sono i politicanti che tentano di interpretare il messaggio lanciato dal nulla. E patetici, alla fine, sono anche i giornalisti che confondo la cultura di destra con i pensieri dell'effimero trio Fini-Bocchino-Polverini.
Il dottor Battista sostiene che negli ultimi vent'anni la cultura di destra non ha prodotto niente. Ma cosa intende per cultura di destra? Le intervistine televisive di Italo Bocchino? Gli articolini di Adolfo Urso? I fondini della volonterosa Perina? Le esternazioncine della Polverini? I saltelli post-evoliani e post-rautiani dell'avvocato Fabio Granata?
Il dottor Battista ha mai nutrito il sospetto che a destra ci sia altro da pensiero rasoterra? Stenta ad ammettere che la destra moderna ha avuto inizio in Italia (lo dimostrò Giovanni Gentile) dalle insorgenze antigiacobine? Ha difficoltà a riconoscere che il “moderno”, combattuto dagli insorgenti italiani, è caduto nella polvere nietzschiana e heideggeriana?
Legge, su “Repubblica”, gli articoli scritti dall'affranto Scalfari per confessare la catastrofica conversione della modernità al nichilismo? Può seriamente nascondere il radicale ribaltamento della scena contemporanea? Può ignorare la fine ingloriosa delle ideologie progressiste? Se non può (e non si vede a che titolo possa tirarsi indietro) si renderà conto che esiste una destra più profonda e più attiva del Fini-pensiero, del Bocchino-pensiero, del Polverini- pensiero.
Il dottor Battista può fingere d'ignorare l'esistenza di un'agguerrita destra tradizionalista. Può fingere di non aver letto la storia del rinnovamento missino scritta da Giuseppe Parlato. Può sostenere di non saper nulla degli articoli di Francesco Orestano, che (nel biennio 1942-1943) hanno avviato la conversione della cultura ufficiale al c. d. “secondo fascismo”, cioè al tradizionalismo di Niccolò Giani, Guido Pallotta, Balbino Giuliano, Armando Carlini, Nino Tripodi (l'autore di un importante saggio su Vico e la destra italiana).
Addirittura può far credere di non rammentare l'esistenza di Ernesto De Marzio e di Giovanni Volpe, i geniali organizzatori culturali, che promossero il rinnovamento della cultura di destra. Alle loro iniziative aderirono pensatori di alto profilo, quali Cornelio Fabro, Giorgio Del Vecchio, Carlo Costamagna, Gabriel Marcel, Nicola Petruzzellis, Ugo Papi, Augusto Del Noce, Marino Gentile, Francesco Gentile, Ennio Innocenti, Ettore Paratore, Francisco Elias de Tejada, Marcel De Corte, Thomas Molnar ecc.
Infine Battista può raccontare ai suoi lettori che scrittori appartenenti alla cultura cattolica e alla buona destra, quali Gianni Baget Bozzo, Attilio Mordini, Paolo Pasqualucci, Andrea Dalledonne, Fausto Gianfranceschi, Giano Accame, Fausto Belfiori, Francesco Grisi, Giovanni Torti, Marco Tangheroni, Silvio Vitale, Giulio Alfano, Marcello Veneziani, Primo Siena, Angelo Ruggiero, Roberto De Mattei, Paolo Caucci, Pucci Cipriani, Alberto Rosselli, Tommaso Romano, Pietro Giubilo, Pier Franco Bruni, Francesco Agnoli, ecc. ecc. non esistono e se esistono sono insignificanti. Tutto ciò è lecito, nel regime delle parole ultrasoniche in libertà. Ma le parole, per sfuggire all'abbraccio della faziosa e soffocante libertà, volano oltre l'ostacolo e atterrano lontano dal campo mal-seminato.

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