Mi piace ricordare che il discorso di Vassallo ruota intorno,io credo, alla teoria dello stato e a quella dell’autorità,ricordandoci che senza un’autorità è impossibile l’unità della comunità politica e tale discorso mi sembra particolarmente interessante non solo perché insegno filosofia politica,ma perché oggi ci si chiede sempre più la ragione d’essere dell’autorità nella vita politica e sociale,in una crisi di guida a tutti i livelli della società,dalla famiglia al referente istituzionale dello stato,dalla scuola fino a volte allo stesso mondo cattolico. L’autore ci fa comprendere,attraverso una serie di capitoli molto interessanti,che il problema contemporaneo è proprio l’autorità;tutte le teorie dello stato si rintracciano nei diversi orientamenti di pensiero e si muovono dalla constatazione secondo cui lo stato è una forma associativa e viene riconosciuto come momento unitario di consapevolezza giuridica dell’azione ed ineliminabile della sua struttura è il fatto che i soggetti vivono in esso e vi svolgono determinate funzioni al suo interno,per cui occorre trovare una via per esaminare tale struttura che consiste nella ricerca delle forme più importanti,delineabili storicamente,in cui i soggetti si associano nello stato. Ciò che comunemente viene definito “massa” è il tipo di associazione più basso ed ha come caratteristica il fatto che coloro che ne fanno parte si influenzano reciprocamente senza,tuttavia,rendersi conto dell’influsso esercitato e senza vivere in modo comunitario il loro comportamento “politico” che può essere per tutti uniforme soltanto grazie a quello scambio. Vassallo ricorda anche il contributo di Alexis de Tocqueville;vorrei ricordare come proprio questo esponente del liberalismo fu tra coloro che riconobbero il necessario ruolo della religione nella politica. In un discorso all’Assemblea Nazionale francese in quell’intenso 1848,che sembrava far volgere il baricentro delle vicende a favore di una rivoluzione socialistica in tutta Europa,egli ricordava che non era socialismo,bensì cristianesimo,perché la difesa del diritto allo studio,al lavoro e alla salute,sono elementi propri della visione cristiana. Non possiamo dimenticare che proprio la politica del fascismo,con la Carta del Lavoro,la Previdenza Sociale,la Riforma Gentile,sia stato in linea con gli elementi propri della visione sociale cristiana,seppure nell’ambito di una concezione per certi versi non ortodossa. Anche in altri studi Vassallo dimostrando una conoscenza non comune e una finezza d’indagine non ordinaria,ha dimostrato come le radici politiche della Destra vadano riviste,direi però studiate “ex novo”,perché da studioso accorto e raffinato egli approfondisce non solo le differenze tra fascismo e nazismo,ma si spinge ad un’ analisi delle fonti ontologiche della cultura fascista,rinvenendo nella Scuola di Milano,quell’originale collaborazione tra il Card.Schuster e Arnaldo Mussolini,che diede vita ad un recupero delle fonti storiche sovente ignorato dagli studiosi degli ultimi decenni. Va detto che il fascismo ebbe una sua metafisica,completamente assente nel marxismo,che ha consentito a Mussolini di far superare all’Italia la grave crisi del ’29,affidando ad un ruolo dello stato la possibilità che le classi sociali più svantaggiate non venissero a pagare il fio di un capitalismo senza scrupoli. Ricorda Vassallo (p.91) che uno dei principali compiuti della politica è la difesa del diritto naturale,perché preesistente allo stato stesso e in questo sottolinea la grande lezione di G.B.Vico,contrapposta giustamente a Baruch Spinoza e a Renato Cartesio,le conseguenze dei pensieri dei quali vediamo tristemente applicate ed omaggiate dai tristi tramonti di ideologie consegnate all’indulgenza del nostro perdono cristiano,ma che hanno segnato di indifferenza e sangue la nostra storia. Vico attribuisce precedenza alla società sullo stato e Vassallo ricorda come tale lezione sia stata ripresa nel dopoguerra non solo da Giorgio Del Vecchio nel suo famoso e ponderoso studio “Lo Stato” del 1952,ma anche da altri ed esimi autori come Francisco de Tejada,caposcuola del tradizionalismo ispanico noto in Italia per le riflessioni di Silvio Vitale e consentitemi di ricordare che la Spagna di Francisco Franco(1892/1975) è stata forse l’unica nell’Europa del dopoguerra a non dimenticare la lezione di Vico e mi auguro che qualche storico e taluni politologi diano al “Caudillo” il giusto posto nella storia del XX°secolo. Ma perché proprio Vico va riconsiderato agli esordi di un nuovo millennio? Io credo che il lavoro del prof.Vassallo ci aiuta a capirne il portato culturale e,soprattutto,ad individuate cosa si debba intendere per “cultura”;la prospettiva oggettiva del fenomeno culturale assume un valore reale solo quando le emozioni,le attitudini,i modelli che esprimono i loro simboli,si trasfondono negli spiriti concreti degli uomini e tale validità è determinata dall’autenticità,ampiezza e profondità di tale immedesimazione,non solo in considerazione di un individuo determinato,ma soprattutto in senso esteso e sociale,perché i valori culturali “obbligano” a vivere in accordo con le loro esigenze e con i loro orientamenti. L’azione intrapresa per rendere attive le facoltà dell’uomo animandole,motivandole e proporzionandole,indicando mete,vie da seguire e modelli,costituisce quello che chiamiamo “educazione”;essa,tuttavia,non si trasmette a vuoto,ma necessita di strumenti mediatori cjhe servono allo spirito come punti di riferimento e che facilitano gli obiettivi e i punti d’appoggio. Questa è la funzione dei simboli contenuti nelle relazioni culturali. La convivenza sociale e la formazione della coscienza civico-politica,non possono ridursi al semplice apprendimento delle norme,ma occorre infondere nell’anima la capacità o le “virtù”(la greca ARETE’) di indole comunitaria ,se si vuole che le genti affrontino con successo i difficili problemi imposti dalla vita contemporanea. Il ricordo di norme acquisite avrà il suo momento a posteriori come condensamento di un “habitus” ormai acquisito,che non si comunica attraverso simboli verbali,ma essi devono diventare parte stessa dell’anima per la vita e la convivenza civile,suscitando valori comuni e modellando le coscienze nel servizio e nella dedizione. Qualcuno diceva che l’obbedienza non è una virtù:può darsi,sta di fatto che essa costituisce un elemento oggi in crisi verticale perché è stato inficiato il principio della “terzietà”,fondamentale in ogni società che si voglia definire civile,un “tertium”neutro che giudica e che provvede all’emendazione dell’errore. In tal senso anche le sofferte parole che il prof.Vassallo scrive sulla Destra politica contemporanea sono assolutamente illuminanti,quando stigmatizza (p.92) le “..fuorvianti chiacchiere intorno alla fine delle ideologie hanno fatto da colonna sonora allo sfondamento di Alleanza Nazionale”,sottolineando il vuoto mentale a cui si è pervenuti anche da destra, dove per molti decenni vi sono state intelligenze fulgide che hanno avuto l’onore di mantenere l’onestà di un pensiero politico denso di significato ontologico. Il risultato è oggi lo sfaldamento tra politica e filosofia di riferimento che non riguarda solo la destra ma tutto lo scenario politico,con la conseguenza del pericoloso annullamento di ogni identità. La sensazione di crisi che tanto nell’ordine sociale come in quello economico,politico e culturale,attualmente sperimentano le intelligenze più vivaci e riflessive,come quella espressa da Piero Vassallo,maestro oltre che intellettuale,e che le masse percepiscono in modo osciuro ma profondo,non si allevierà unendo la nostra voce al coro geremiaco del pessimismo catastrofistico,figlio di una specie moderna di timore millenario,questo non è il senso del libro che Vassallo ha scritto! Esso ci esorta invece ad aprire bene gli occhi per comprendere la complessa fenomenologia della società italiana attuale,per disporre le menti e le volontà dell’opera di ricostruzione dell’equilibrio perduto a livello richiesto della situazione dell’economia e della tecnica,ma anche della giustizia sociale e della libertà. Penso tuttavia che i frutti si vedranno solo su un terreno psicologicamente adeguato,quando la società sarà abituata ad utilizzare le proprie energie in modo meno anarchico e sterile di quello proposto da un individualismo ad oltranza,in modo che lo spirito di collaborazione sfoci nella creazione di molteplici società intermedie fra individuo e stato. Questo non solo perché i tempi ribadiscono l’attualità delle concezioni pluraliste(la democrazia della partecipazione,per intenderci),ma anche perché conviene convincere gli uomini ad associarsi per fini di reciproco aiuto differenti e relativi a quelli di carattere strettamente politico,creando gruppi che agiscano come efficaci crogiuoli del tirocinio della convivenza e del civismo. A questo proposito illuminanti sono le parole che Vassallo dedica al realismo come avanguardia in Giano Accame,ma anche sulla gnosi della cultura della neodestra,ancora non da tutti recepita e debitamente approfondita. In questo senso mi permetto di indicare quali conseguenze positive potrebbero prendere i politici,ma anche gli intellettuali,dalle sollecitazioni di Vassallo. Egli non è un “laudator temporis acti”,anche se dal passato si devono ricavare lezioni storiche e non politiche:l’Italia credo sia l’unico paese al mondo che fa politica con la storia e,ahimè,storia con la politica,per cui il capitolo che il professore dedica alle differenze tra nazismo e fascismo mi auguro voglia ampliarlo in un suo atteso e indispensabile studio,perché del fascismo abbiamo studiato tutto storicamente,grazie alle imponenti monografie di De Felice,ma,penso,poco politicamente. Piero Vassallo ci aiuta a comprendere che di fronte alla pratica professionale che limitava l’azione del potere in materia associativa ad una disciplina di carattere negativo,la necessità di ristrutturare la società in crisi verticale,consiglia l’urgente adozione di una politica che stimoli,fomenti e dia vigore a quelle che in filosofia politica si definiscono come “associazioni volontarie”,gruppi costituiti per supplire alle debolezze individuali e collaborare efficacemente a soddisfare le necessità collettive. Da questo bel volume,al quale auguro una diffusione rapida soprattutto tra i giovani che mancano di maestri e Vassallo è un grande maestro proprio per chi vuole arricchire di etica e di motivazione la propria vita,possiamo trarre molti insegnamenti,ma credo, più di tutti due. Il primo consiste nella NECESSITà DI COSTRUIRE QUEL RECIPROCO SENTIMENTO DI COLLABORAZIONE ALLA VERITà,QUELLA “CARITAS generi humani” che va protetta e difesa da ogni cristallizzazione dello spirito,per rimuovere le inerzie ritardate e scuotere i pregiudizi individualistici,per tornare alla gioia nell’obbedienza ad una norma pienamente accettata,nel giusto ripristino della vera politica vissuta e perché no,anche sofferta,senza sotterfugi,né inganni. Il secondo elemento da trarre consiste nel sapere che l’educazione e il lavoro sociale sono campi che necessitano di grande attenzione,che iniziano sin dall’educazione familiare e scolastica,la cui forma ostinatamente intellettualistica non ha saputo produrre in questi ultimi decenni comportamenti adeguati alle sfide che la modernità ci riserva. Il popolo al quale codesta educazione è rivolta,non è né la classe più debole più fortemente condizionata dal punto di vista sociologico,ma neppure la frazione sminuita e diseredata della società,come generalmente fa credere l’uso abituale di tale parola. Il progetto educativo implica un insieme di attività tese a riordinare le attitudini,gli ideali ed i valori della società globale,perché il popolo non è la parte inferiore dell’insieme sociale,ma la totalità di questo. In questo senso il popolo è l’unità comunitaria di tutti gli abitanti di un paese e la cultura sarà,di conseguenza,il frutto maturo di una serie di attività tese a potenziare le sue virtù,non in astratto,come è accaduto sovente in questi ultimi periodi,ma partendo da gruppi concreti nei quali si organizza la vita politica nazionale. Per un lavoro tanto impegnativo è necessaria la conoscenza e l’esperienza che gli uomini di cultura possono offrire,senza utilizzazioni partigiane o estemporanee per creare surrogati personalistici di dominio neofeudale della politica come sono oggi spesso le fondazioni che fagocitano i partiti,senza i quali,vorrei ricordare,non può esserci democrazia,né libertà politica. L’entusiasmo e la passione sono motori fondamentali,ma senza una caratura morale,senza una spinta etica la politica somiglia ad uno di quei bellissimi affreschi rinascimentali facili da ottenere,ma difficili da mantenere. Negli ultimi anni sono venuti al pettine alcuni nodi:il lassismo nelle istituzioni,il disprezzo della meritocrazia,il distacco del palazzo della politica dai cittadini che gli corrispondono soldi e prebende attraverso un rito elettorale sempre più stanco e sempre meno efficace a ripristinare il senso della giustizia e della vera vita democratica. E ‘ ora quindi che guardiamo la crisi che abbiamo di fronte senza pregiudizi e che prendiamo atto che le ideologie,al di là delle .loro utilizzazioni,sono state il monitore della vita politica degli ultimi due secoli e il dramma sociale educativo non disgiunto dai progressi della tecnica e della scienza,devono aprirci ad un respiro morale che segue gli itinerari di appartenenza culturale da adottare per tornare ad essere uomini che,come dice S. Ireneo di Lione,sono “gloria di Dio”!
(Prof. Giulio Alfano)
(Prof. Giulio Alfano)